SEDIMENTI
 
                    mostra d'arte di Walter Reggiani, Nicoletta Spinelli, Elena Vichi
                            SEDIMENTI
Una lenta, inesorabile erosione, sotto la gravità dell'esperienza, un infinito accumulo di vissuto nella storia dell'umanità, tutto il peso del mondo passato, presente, futuro, si  deposita  come  inseparabile  fardello, sulle generazioni che  si succedono nell'inarrestabile  ciclo della vita, trattenendo sul fondale uno scrigno aperto, in cui  a poco a  poco, si  archiviano e stratificano  vicende,  immagini,  pensieri, ricordi, sentimenti  di  tutti noi, chiamati, al  di là del nostro  libero arbitrio, a poggiare i  piedi  sul pianeta terrestre  che li  trattiene, per  sua stessa natura gravitazionale, fino a quando non ci lascia andare, al termine del nostro ciclo vitale. 
Da sempre, dunque, siamo pervasi  da un senso di  precarietà, d'inadeguatezza, ed inevitabilmente, sorge in noi un bisogno inarrestabile di sicurezza, di conoscenza, un disperato istinto di sopravvivenza anche dopo il tempo concessoci dalla natura. Dunque tentiamo con ogni mezzo di dominare, di governare, attraverso le nostre  conquiste, nel bene e nel male.
Il percorso mediatico  arduo, in salita, che l'uomo ha l'inevitabile compito di intraprendere, viene narrato  attraverso  le opere di  Walter Reggiani, Nicoletta Spinelli ed Elena Vichi  in  una poetica comune per affrontare un tema  tanto  complesso, che  ci  riguarda tutti, nessuno escluso: è il tema dell'essenza umana, impersonata nella realtà naturale della creazione: il maschile che è in noi, il femminile che è in noi, il nostro inizio, la formazione, la fanciullezza come simbolo di ciclicità inarrestabile della vita, come emblema che racchiude in sé la continuità, al di là di ogni nostra umana sperimentazione e realizzazione . 
Dal mondo delle fiabe e dei giochi, quelli distorti  però, che in certi casi provengono dai  media e dalla cibernetica, si sviluppa la poetica di Walter Reggiani, una poetica penetrante nelle viscere dell'osservatore, il quale si  ritrova, incalzato dall'impatto  delle immagini, ad impressionarsi davanti a quei fanciulli trasformati e De-formati nella propria  natura. Quei fanciulli divengono una realtà  diversa, disumana, svuotata dei propri canoni  innocenti dell'essere  bambini, per  tradursi  in una sorta di  mutanti tecnologici, senza più una vera identità, perduta prima ancora di cominciare a formarsi, perché costretti  dal mondo contemporaneo (con le sue innovazioni strepitose, sì, ma - troppe volte -  mal  gestiste  e fuori  controllo ) a seguire  modelli scorretti e inadatti  alla loro  innocente natura di fanciulli. Toni forti, cupi, oscuri, fondi  bui, linee dure, pastose, penetranti nell'affrontare sia il dipinto  che la grafica, sono il transfer usato dall'artista per  narrare le sue atmosfere Dark. Come nella storia  vari artisti (uno tra tutti, Goya con le  sue ‘pinturas negras’) rappresentano  le ossessioni del proprio tempo, Walter Reggiani, attraverso la sua opera al nero, tratteggia le linee della sua epoca.    
 
Le Sirene di Nicoletta Spinelli, fanciulle del nuovo millennio, inserite in un'atmosfera ieratica, senza tempo, nel liquido amniotico delle origini della vita, ci narrano di un mondo oltre la realtà visibile: il mondo del  sentimento, la parte di  noi che si estranea dal razionale. E il suo universo  femminile che parla dall'anima, emerge. Risale da dentro di noi un'energia che, dal peso del  fondale in cui lo spirito si trova immerso, tramite  un viaggio mediatico di purificazione oltre l'esperienza reale, si rinnova, riemergendo serena e disincantata  dall'inganno di chimere che  illudono il nostro inconscio, tentando  di  affondarci nel mare del nulla.
Il mito  della sirena di evolve sin  dalle origini  della storia  e Nicoletta Spinelli, partendo  dalla rivisitazione del mito (straordinariamente  descritto, ad esempio, dalla  scuola preraffaellita   di  Waterhouse, agli inizi del  Novecento) lo traduce con le tecniche a lei care ( come il fondo a intonaco o il cromatismo, sfumato con toni di luce ombra, egregiamente analizzati  secondo i dettami tecnici  del  grande Piero della Francesca, da cui ha sempre tratto nutrimento e ispirazione) proponendo di questo mito una ulteriore, nuova versione, che ci esorta ad osservare con gli occhi dell'anima.
 
Simbologia sedimentata nel mondo dell'inconscio è l'espressione visiva che emerge dai corpi  maschili, vigorosi seppur rivolti all'introspezione, della pittrice Elena Vichi.
L'artista si serve, magistralmente a nostro avviso, dell'anatomia umana che negli anni  ha studiato con certosina minuzia e che, senza dubbio, riconduce a storici richiami  michelangioleschi, alle regali anatomie  della Sistina, per raccontarci di un mondo interiore, fluente attraverso un energia vitale forte, illuminante, in lotta contro le tenebre (simboleggiate dalle Vanitas  -il teschio- che nella storia dell'arte  rappresentano l'ineluttabilità dell'esistenza) le quali tentano di  trattenere l'anima nel vortice  del  buio. Ma è un vano tentativo, poichè grazie alla vigorosa conquista della consapevolezza di sé - le rocce innalzate in una diafana e nebbiosa atmosfera - dopo la  lunga battaglia del  vivere,  l'essere umano  può sentirsi  finalmente appagato e sicuro della propria conquista di conoscenza. 
Nell'opera di Elena Vichi lo studio dell'anatomia maschile assume il valore emblematico d’una bellezza che supera il concetto fisico fine a sé stesso ma anzi, proprio attraverso  l'esaltazione della fisicità, si traduce nel superamento della realtà tangibile, per librarsi verso una dimensione spirituale superiore, a cui l'uomo come entità ed essenza, anela sin dalla notte dei tempi. 
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sabato 10 giugno 2017
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